Domenica, 22 Dicembre 2024

L’autonomia differenziata non serve al Sud, non serve al Paese

Di Sergio D'Angelo

Il governatore del Veneto Zaia ha dichiarato recentemente che definire l’autonomia differenziata una secessione dei ricchi rasenta il ridicolo. Tuttavia, più che ribadire più volte nel corpo della stessa dichiarazione che l’autonomia è prevista dalla Costituzione e che la colpa di chi al sud se la passa male è della cattiva gestione, non adduce nessuna spiegazione. Non convince quindi Zaia, soprattutto quando afferma che o l’Italia diventa autonomista e federalista, o deve portare i libri in tribunale, perché io invece credo che li porterà se non riuscirà a correggere le distorsioni e le differenze enormi fra nord e sud del paese.

Non è una secessione per ricchi, dicono, però la vogliono le regioni più ricche: perché? Perché Zaia, Fontana e il partito unico del nord ritengono che le Regioni-republichette, come le chiama il costituzionalista Massimo Villone, dovrebbero invece colmare le differenze? In realtà, questa è l’ultima delle preoccupazioni per il governatore veneto e quello lombardo, per quelli che da anni spingono per la riforma del rapporto fra le aree del paese e fra queste e lo stato centrale. Ne abbiamo prova ogni giorno con i fondi del Pnrr, con il continuo tentativo di erodere a vantaggio del nord la quota del 40% prevista per le regioni meridionali.

Il sud ha con le isole una popolazione pari a circa un terzo di quella nazionale, quindi già solo in relazione al numero di abitanti gli spetterebbe circa il 33% delle risorse. Se su quella percentuale eccedente pari approssimativamente al 7%, che da sola è comunque insufficiente a determinare il riequilibro fra le diverse aree del paese, si scatenano anche gli appetiti dei Sala e dei Gori, rispettivamente sindaci di centro-sinistra di Milano e Bergamo, abbiamo torto noi a parlare di partito unico del nord? Siamo allarmisti se diciamo che con gli effetti combinati di ritardo storico, pandemia, guerra e crisi economica destinata a durare anni, al sud si rischiano letteralmente rivolte?

Ha ragione quindi il sindaco Manfredi nell’intervista pubblicata stamattina da Repubblica Napoli: l’autonomia differenziata è un tema che anche nella versione Gelmini non dovrebbe proprio essere nell’agenda politica. Il paese dovrebbe preoccuparsi piuttosto della sua meridionalizzazione nel contesto europeo, di cui abbiamo una chiara dimostrazione nella perdita di terreno delle città italiane più ricche rispetto alle loro concorrenti continentali. Un’altra prova schiacciante ce la fornisce la dinamica salariale, con paghe da fame e lavoratori poveri nonostante abbiano un impiego che si diffondono sempre più largamente anche al nord.

Occorre quindi superare la miopia politica di chi ritiene che la competitività dei territori che amministra vada alimentata secondo il modello consunto della sottrazione di risorse al sud, perché i fatti dicono che così arretra tutto il paese. Lo squilibrio italiano è un fenomeno unico, non rintracciabile da nessun’altra parte in Europa, eppure Zaia, Fontana, Sala e Gori continuano a pensare che sia la strada sicura di sempre per garantire benessere al loro orticello. Io invece penso che abbia ragione lo Svimez: l’Italia riparte solo se accende un secondo motore al sud, ma soprattutto se lo fa qui e ora prima che gli effetti devastanti della tempesta perfetta precludano ogni possibilità di sviluppo.

Altro che autonomia differenziata, la priorità è quella di costruire un paese che garantisca a tutti i suoi cittadini le stesse opportunità per assicurare a se stesso un futuro.

Author: Redazione

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