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Ancora qualche settimana per visitare la mostra dedicata all’artista Kazuko Miyamoto che resterà al Museo Madre di Napoli Fino al 6 novembre 2023. L’esposizione è la prima ricognizione storiografica dedicata a Miyamoto da un’istituzione pubblica europea. Il percorso espositivo si snoda tra il secondo e il terzo piano dello storico Palazzo Donnaregina, ripercorrendo le diverse fasi e i numerosi media attraverso cui si è sviluppata la pratica dell’artista dagli anni Settanta ai primi anni Duemila.
La mostra di Kazuko Miyamoto, a cura di Eva Fabbris, è espressione di uno sguardo ampio e trasversale sulla storia dell’arte recente e dell’intenzione di dare luce a storie che al suo interno sono ancora poco note.
Dai primi anni Settanta, Miyamoto opera a cavallo tra due paesi e due culture, trovando un personalissimo modo di connetterne le istanze più profonde, contribuendo e allo stesso tempo contravvenendo al linguaggio modernista. È stata inoltre promotrice di contesti attivisti ed espositivi che per primi a New York hanno esteso i confini della rappresentatività per artiste donne e non occidentali. Il racconto di questa attitudine trova oggi immediate rispondenze nelle istanze più attuali nell’arte. Questa mostra accompagna dunque i pubblici del Madre nel riconoscimento di paradigmi narrativi e storiografici che integrano e ampliano lo sguardo sull’arte del nostro immediato passato secondo una sensibilità del tutto contemporanea.
In questa prospettiva, al Madre Miyamoto idealmente dialoga con la Collezione permanente del museo, in particolare – data l’amicale e linguistica contiguità tra i due artisti – con 10,000 Lines (2005) di Sol LeWitt (Hartford, 1928 – New York, 2007).
Ampio spazio è riservato alle string constructions, la sua più celebre serie di sculture di spago, rigorose e suggestive composizioni bi e tridimensionali iniziate nei primi anni Settanta. Attraverso un sistema di dense linee parallele fatte di un materiale estremamente leggero e modesto, queste opere si presentano come un effimero quanto efficace punto di contatto tra architettura e corpo, sollecitando la percezione a cogliere vibrazioni e imprecisioni. In questi lavori il linguaggio minimalista, sperimentato da Miyamoto in dialogo con LeWitt, di cui diviene assistente poco dopo il suo trasferimento a New York negli anni Sessanta, viene declinato in una forma che negli anni si fa man mano più tattile e irregolare, reagendo convintamente e gioiosamente a strutture a griglia e ritmi regolari. A partire da questa serie iniziale, la mostra racconta l’evoluzione della pratica e dei riferimenti a cui l’artista attinge nei decenni successivi: dai lavori grafici, ai disegni legati alle string constructions fino alle opere realizzate con direct print o fotocopia, che testimoniano l’attenzione alla dimensione effimera della scultura. Queste e altre opere dell’inizio degli anni Ottanta sorgono dall’osservazione e l’interazione con la street life di Downtown New York, dove l’artista vive e lavora fin dal suo arrivo negli Stati Uniti, e dove incontra e dialoga con artisti, poeti, musicisti: una scena vivace e impegnata, rievocata in mostra con vividi documenti visivi. Nelle performance, presentate al Madre attraverso video e fotografie d’archivio, l’attitudine sempre più evidente all’intreccio tra arte e vissuto si lega a un recupero della memoria della danza e della tradizione giapponesi, testimoniato anche dalla presenza di alcuni kimono d’artista realizzati dalla stessa Miyamoto. Completano il percorso alcune importanti installazioni degli anni Duemila.
L’artista
Kazuko Miyamoto (Tokyo, 1942. Vive e lavora a New York) ha studiato al Gendai Bijutsu Kondankai (Gruppo di discussione sull’arte contemporanea) di Tokyo prima di trasferirsi negli Stati Uniti nel 1964. Ha frequentato la Arts Student League di New York fino al 1968, anno in cui diventa assistente di Sol LeWitt. Gli anni Ottanta e Novanta l’hanno vista operare una svolta che, dalla sua versione del Minimalismo, porta il lavoro a improntarsi più decisamente all’uso di materiali poveri, a un approccio performativo alla scultura e all’osservazione della vita urbana e delle sue implicazioni sociali. È attivatrice e protagonista espositiva alla A.I.R. (Artist in Residence) Gallery di New York, dove organizza mostre ed espone insieme ad artisti come Ana Mendieta (L’Avana, 1948 – New York, 1985), Nancy Spero (Cleveland, 1926 – New York, 2009) e David Hammons (Springfield, 1943). Nel 1986 apre la Gallery Onetwentyeight, uno storico spazio artistico ancora attivo nel Lower East Side di Manhattan.
Il suo lavoro è stato esposto in diverse istituzioni e rassegne internazionali, tra cui: Japan Society, New York (2022); Mori Art Museum, Tokyo (2021); National Museum of Modern Art, Tokyo (2019 e 1977); Met Breuer, New York (2019); National Gallery, Singapore (2018); Drawing Center, New York (2016); Kochi-Muziris Biennale, Kochi, India (2014); Museum of Goa, India (2014); Lentos Museum, Linz (2007); Artists Space, New York (1992); Lunds Konsthall, Lund (1981); Museum of Modern Art, New York (1979); MoMA PS1, New York (1978); National Museum of Modern Art, Kyoto (1977).
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