E festa sia

È un orario strambo, di lunedì alle tre: è un festeggiamento per turisti o turnisti, gente che smonta dalla notte, studenti universitari o liceali filonisti, e gente che come me aveva ferie da consumare e colleghi accondiscendenti che ti dicono “Vai, vai, non ti preoccupare…”.
Gli altri a lavorare, ma forse già in parte paghi dei festeggiamenti di venerdì.
Tanta gente si è avviata alle 9 di mattina, alle 11 la Riviera di Chiaia è già bella in fermento, aspettando l’apertura dei cancelli della Villa comunale. Un signora mi chiede «A che ora aprono in cancelli?»
«Non lo so», rispondo, «forse mezzogiorno o la mezza».
Sono le 11. Lei mi guarda come a dire Mamma mia, io le rispondo che ci vuole pazienza, virtù che è propria del tifoso del Napoli. Senza pazienza non avremmo vinto niente.
Nell’attesa dell’apertura dei cancelli si chiacchiera e si diventa un po’ amici. In fondo siamo tutti qui per lo stesso motivo, no? Salutare i ragazzi che ci hanno regalato una utopia. Qualcuno mormora che non ce lo siamo meritato. Palle, siamo stati ventuno giornate in testa, l’Inter solo nove, perché non avremmo dovuto vincere? «È stato un gioco psicologico di Conte e del presidente», sostiene una signora bionda con l’aria arguta. «Conte ha tenuto un profilo basso, perché l’Inter non ci temesse mai veramente: ma noi ci siamo meritati tutto».
Via Caracciolo si riempie in maniera lenta, costante, allegra. Ore prima che passi il pullman qui è già una festa di tifosi di ogni età, un tripudio di gioia che a distanza di quattro giorni non vuole finire.
Che il presidente sia produttore cinematografico si vede dall’arrivo spettacolare a bordo di una nave Snav Msc che taglia in due il golfo. Uno spettacolo. Poi approda al molo Luise, e da lì partono i due pullman scoperti con i giocatori, il presidente De Laurentiis, Antonio Conte e Stefano De Martino come conduttore (non conducente!). Mi trovo sulla terrazza del Museo Darwin Dohrn riservata alla stampa. Quando i pullman partono non si vedono dalla terrazza, ma succede una cosa da brividi, si può seguire il percorso perché si vedono barche e yacht che li seguono dal mare.
L’aria profuma di capodanno e salsedine, mare e fumogeni. Tanti fumogeni, così tanti che sotto di noi il pullman arriva avvolto in una nuvola azzurra. Ci guardiamo fra di noi giornalisti, operatori video: nessuno ha visto niente. Allora scendo in strada, tanto, meno di così non posso vedere, e aspetto che il pullman rifaccia il percorso al contrario. I pullman passano di nuovo, nel primo ci sono i giocatori, il presidente De Laurentiis, sorridente e beato, Antonio Conte e Politano scatenati, McTominay non ne parliamo. Saltano cantano e ballano come pazzi sulle note – guarda un po’ – di Pedro di Raffaella Carrà.
Sul secondo ci sono tecnici, fidanzate e Jacqueline, la first lady più bella, elegante e tifosa della serie A.
Intorno ci sono migliaia e migliaia di persone felici. Famiglie, amici e un mare di turisti, giapponesi con la maglia dell’Argentina, tedesche con la maglia di Di Lorenzo, incontro un ragazzo greco con la maglia di Lukaku, due scozzesi con quella di McTominay. Ma come si spiega un fatto del genere? Ma in quale parte del mondo una persona prende un aereo per andare a vedere lo scudetto di una squadra? Noi siamo un’altra cosa, una categoria a parte: una squadra mondo che non smette mai di stupire.
E mentre una ragazza urla al telefono «Amore, sono qui, sotto la bandiera Sognami» penso che tutto questo sembra davvero un sogno, ma è tutto vero. E la cosa più bella di tutte è che ha ragione la signora bionda: ce lo siamo meritato.
Foto cover: Carlo Hermann