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Come si fa a raccontare un concerto di Vasco? In un sola parola direi: appartenenza e credo che sia la più adatta per racchiudere l'esperienza di una sera con il Blasco.
Due date al Maradona, a Napoli, di lunedì e martedì, e le tende dei fans sono comparse sotto lo stadio già sabato. Con loro sono comparse anche le opinioni discordanti sui social e anche dal vivo ed una tra le più ‘gentili’ è stata: "ma come fanno con questo caldo, e dove si lavano, questi sono pazzi!". Ed allora io ribadisco che Vasco, il nostro Komandante, è appartenenza e quindi il suo live comporta una regola semplice: esserci, a qualunque costo. Il pubblico del Rocker è quanto mai eterogeneo; tre, se non quattro, generazioni si ritrovano adoranti ai piedi di questa macchina da musica che non li delude mai. Regala tre ore di show di una bellezza senza parole, pieno di musica, di suoni, di colori, di immagini, vera musica con una band in supporto che definire perfetta è dir poco. La band è formata da: Vince Pastano (chitarre e direzione musicale degli show), Stef Burns (chitarre), Andrea Torresani (basso e cori), Alberto Rocchetti (tastiere e cori), Donald Renda (batteria), Antonello D’Urso (programmazione, chitarra acustica e cori), Roberta Montanari (cori), Andrea Ferrario (sax), Tiziano Bianchi (tromba) e Roberto Solimando (trombone). Il Maradona diventa per due notti il tempio del rock e sugli spalti e sul prato si balla, si canta, ci sia braccia, ci si diverte. Sul palco i musicisti ci danno dentro per tre ore offrendo arrangiamenti sempre nuovi e diversi che rendono le canzoni di Vasco opere diverse, sempre meravigliose. E poi lui il Blasco il comandante che con la sua faccia espressiva e sorniona accompagna ogni singola parola, ogni singola nota. Il pubblico è 5.0 quindi per una veterana di concerti di Vasco è difficile seguire le loro evoluzioni con i telefonini, ma di certo non sono scontenta di restare lontana da queste diavolerie tecnologiche che deconcentrano dalla potenza dello show. Io ballo, sento i bassi nello stomaco, rido, piango sulle note di "Sally", loro fanno video e foto manco fossero giapponesi in trasferta. Ma va bene anche questo l'importante è alzare gli occhi un attimo e vedere quanti siamo e soprattutto chi siamo: giovani, meno giovani, anziani, tutti insieme pronti a cantare tutti i brani. Ecco, i brani, facciamone un accenno. Vasco può permettersi, a questo punto della sua carriera, di fare scelte non commerciali. Così in scaletta arrivano brani del 76 come "Valium" e brani che mancavano da anni da una sua scaletta. L' apertura dello show è affidata a "Vita spericolata", intesa come inno alla vita, infatti "siamo qui per celebrare la vita", dice. Già la vita, quella scelta da Vasco per organizzare il suo spettacolo contro la guerra, contro la violenza e solo per la vita. Una vita resa splendida grazie alla forza del rock. E poi ancora di più illuminata dalla forza di un uomo che il successo, il seguito se lo è guadagnato millimetro dopo millimetro. Trovo meraviglioso vedere intorno a me una mamma con bambino, ventenni, trentenni, quarantenni, cinquantenni, sessantenni e anche qualche 'over quota', tutti felici, tutti uniti da un'unica fede. Il prato brulica di ragazzi che non si fermano un attimo, felici, festanti e non li ferma il gran caldo, nulla li scalfisce si canta e si balle ad oltranza La successione dei brani è rapidissima: "Sono innocente ma…", "Manifesto futurista della nuova umanità". E poi "Vivere" e lo stadio impazzisce di felicità. Tutti in coro ad intonare l'inno alla vita per eccellenza. Pochi attimi di pausa ed ancora "Mi si escludeva", "Gli spari sopra", "Quante volte", "Ed il tempo crea eroi", "Un gran bel film", "Vivere non è facile". Vasco fa una pausa e lascia la band sul palco che mette in scena l'"Interludio 2025" una sorta di 'sfogo' musicale vocale molto apprezzato dal popolo del Maradona. Si riprende con le scariche di adrenalina di "Buoni o cattivi", "Basta poco", "Siamo qui" per arrivare al boato che accompagna "C’è chi dice no" e "Io perderò". È il momento del Medley: salutato con varie ovazioni: "La strega (la diva del sabato sera)" / "Cosa vuoi da me "/ "Vuoi star ferma!" / "Tu vuoi da me qualcosa" / "Una canzone per te"/ "Va bene, va bene così". E poi arriva l'apoteosi con "Rewind": tutti a ballare, le ragazze della prima fila si sfilano i reggiseni e nei videowall vengono riprese le loro facce felici di essere libere. Ultime gocce di gioia: "E adesso che tocca a me", "Senza parole". La commozione si fa strada cantando a squarciagola "Sally". Ed ancora "Se ti potessi dire" cede il passo ai capolavori finali "Siamo solo noi" e "Canzone". "Je so pazzo" è l'omaggio a Pino Daniele e a tutta la cultura napoletana. Il congedo è quello di rito: "Albachiara". Vasco ne canta solo una strofa per il resto ci pensa, come sempre, il pubblico. Sono passate tre ore, ma mai vorresti che finisse. Se non è un inno alla vita questo non so quale potrebbe essere. Ciao Vasco ci vediamo l'anno prossimo è stato un gran bel film. La compagnia si scioglie e all'uscita si canta ancora tutti insieme. Perché il concerto di Blasco è appartenenza.
AUTORE: Roberta D’Agostino
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