I’am sorry: scusate la noia
Un’ora estenuante di excusatio non petita. Con tutto il rispetto per un grande artista quale Jan Fabre, scritto con Stella Höttler, che è anche protagonista dello spettacolo, il suo “I’am sorry”, che è andato in scena per il Campania teatro festival nella Sala Assoli, è un monologo noioso, faticoso, dove la formula “I’m sorry” ripetuta come un mantra, stanca tanto quanto i nei della Höttler, i suoi seni botticelliani, la sua nenia voyeuristica.
Abbiamo visto l’attrice tedesca in scena da sola, descriverci millimetro per millimetro la sua pelle, le mani, le braccia, il viso, le gambe, il pube, il didietro, mentre su un telo bianco alle sue spalle ne venivano proiettati i dettagli, e lei si scusava mentre ne decantava, allo stesso tempo, i pregi. E nel frattempo ricordava l’abilità del regista belga nei suoi spettacoli, come Si scusa, anche, di essere eterosessuale, femminista (ma non per questo odia gli uomini, precisa), e perché è carnivora, non ha intolleranze alimentari, perché ama il suo regista e perché è così abile nei suoi spettacoli, che cita a più riprese, tra cui “Mount Olympus” 24 ore di follia teatrale. Hötter, visibilmente incinta, fa ironia, provoca mimando una fellatio, gioca coi microfoni, si dichiara spavaldamente eterosessuale, ed è tutto tranne che un personaggio smarrito e confuso, quale vorrebbe far credere, scusandosi per tutto.
Sì va bene che a teatro si deve stimolare la riflessione, ma “I’m sorry” non è provocatorio, è feticista, stucchevole nella ripetitività, ossessivamente perverso. Peccato.