Sabato, 29 Giugno 2024

Da Lara a Loredana: la svolta della “cattiva” di Un Posto al Sole

Lara, o meglio Loredana, è uno dei personaggi che negli ultimi tempi ha fatto più discutere il pubblico di Un Posto Al Sole, a cui non ha certo risparmiato colpi di scena. L’attrice toscana Chiara Conti, che le presta il volto dal 2020 all’interno del popolare social drama di Rai 3, ci racconta di un personaggio certamente “cattivo” ma di cui bisogna cogliere anche le fragilità, soprattutto in questo momento in cui Loredana sembra fare i conti col suo passato. Chiara Conti, attrice di cinema e tv, confessa anche che una delle scene che l’hanno messa più a dura prova sul set di è stata quella dell’avvelenamento del piccolo Tommy.

Lara, ora Loredana, è un personaggio che ci offre continui colpi di scena. Ora la vediamo alle prese addirittura con una conversione. Ma come è in fondo Lara?

Io ho il ruolo della cattiva della serie. Come accade per ogni personaggio connotato in senso negativo, però, quasi sempre dietro c’è una sofferenza. Allora, il mio tentativo è sempre stato quello di immaginarmi che grande dolore abbia potuto attraversare questa persona, una donna vittima di una vera e propria ossessione d’amore, amore malato, tossico, ossessionato ed ossessivo, e che agisce mossa costantemente dal desiderio di essere riamata, considerata, vissuta, con ogni mezzo a sua disposizione. Lara ha cambiato nome in Loredana, per mettere ancora più forza nel suo cambiamento o forse perché il suo modo di essere attuale è più simile a quella Lara che non conosciamo, nella sua vita passata insieme all’ex marito.

Dopo essere stata aggredita da Roberto Ferri e aver rischiato di morire, ora sembra essere dalla parte di Ida e appoggiare la sua battaglia per riprendersi il piccolo Tommy. Cosa dobbiamo aspettarci?

Lara mi spinge oltre i miei limiti, mi spinge a scoprire, a capire, a perdonare a volte, ad andare in profondità. Sia nel lato scuro che in quello luminoso. È un personaggio che, nel bene e nel male, mi insegna ogni giorno qualcosa. Non sappiamo mai cosa aspettarci esattamente da lei. Ma questa svolta potrebbe dirci qualcosa. Forse l’aver capito durante il coma quello che ha fatto l’ha portata ad avvicinarsi alla religione, porre fine agli errori che ha commesso. Questa tridimensionalità del personaggio ce lo rende più interessante ma soprattutto questa nuova veste la rende più umana e fragile. Ora si nota di più che questa donna cerca di trovare pace altrove senza averla mai dentro al suo cuore.

Le è capitato altre volte di interpretare un ruolo del genere?

In verità no, ho fatto la “cattiva” solo in un film di Dario Argento, ma è una bella sfida attoriale, perché mi consente di andare oltre me stessa, proprio per questa diversità. Il mio è un personaggio estremo: Lara agisce spinta da un amore folle che la porta a prendere decisioni che possono apparire inspiegabili al pubblico.

Ecco: il pubblico che riscontro le sta dando?

Lara ha di bello che è un personaggio molto forte, quindi, suscita sempre qualche reazione: si va dall’estremo odio alla tenerezza per la sofferenza che questa donna può aver vissuto. In altri termini, c’è chi vede altro a parte quello che succede. Ora, poi, con la sua conversione, il riscontro è aumentato e gode di una approvazione maggiore. In alcuni casi, l’odio si è trasformato in compassione, c’è stato un cambiamento radicale di giudizio.

Come si trova sul set napoletano?

Ho fatto lavori quasi sempre brevi, come i film, che hanno un inizio e una fine. È la prima volta che mi capita una lunga serialità, ovviamente è una cosa molto diversa. Parliamo di una famiglia che sta insieme da 28 anni, una famiglia che regge, io non l’avrei mai pensato, perché, in genere, quando si sta in stretto contatto nel lavoro, poi ci sono inevitabilmente screzi, invece l’ingranaggio funziona ed è bilanciato, sia con la troupe che con i colleghi di set. Ho avuto una bellissima accoglienza sia all’inizio sia al mio rientro dopo molto tempo, la cosa mi ha commosso. Con qualcuno mi vedo di più, con altri di meno, ma questo è normale.

C’è stata in questi anni una scena che l’ha messa più a dura prova?

La cosa che mi ha fatto soffrire di più è stato l’avvelenamento del bambino. Io ho messo il dolore negli occhi di Lara, la sua indecisione prima del gesto, il rammarico prima mentre abbraccia il bambino e gli dice che è per la loro felicità che deve compiere quel gesto. È stata una scena fortissima e dolorosa. Ma importante ai fini della storia. Quel gesto, naturalmente, l’ha resa ancora più invisa al pubblico. Al punto tale, che la gente per strada in quel periodo mi riconosceva come la madre malvagia non facendo alcuna differenza tra me e il mio personaggio. Non conoscevo prima di allora questo meccanismo di identificazione che scatta nelle persone che ti guardano da casa e credono che tu sia davvero quella che vedono in tv tutte le sere.

C’è un tema sociale che vorrebbe raccontare?

Io mi batto da sempre contro la violenza sulle donne, bisogna parlarne e far capire che ci sono dei posti che possono accogliere le vittime. Si parla spesso di aggressione, da poco Lara è stata nuovamente quasi strozzata da Ferri. Ecco, mi piacerebbe molto che si affrontasse il dopo, che si potesse mostrare quello che lega la vittima al carnefice, la dipendenza che si crea, e le possibilità che ci sono per salvarsi. Sono argomenti molto difficili da affrontare, ma sarebbe bello parlarne di più anche con un mezzo così potente, per insegnare che esiste salvezza e aiuto. Mi piacerebbe si potesse parlare ancora di più della donna, non solo come vittima o dark lady, ma anche come una che può vincere la sua battaglia, con forza e correttezza.

Progetti a cui sta lavorando, a parte il set di Palazzo Palladini?

Ho un piccolo ruolo nel nuovo film di Mick Davis, che è un appassionato di arte e, dopo aver rappresentato Modigliani, ci porta alla scoperta di un altro artista, questa volta non italiano. Nel frattempo, faccio provini. Poi coltivo il mio hobby artistico: incido e faccio quadri, a breve terrò una mostra a Roma.

Sogno nel cassetto?

Vorrei raccontare una grande donna come Camille Claudel, grande scultrice, l’amante dell’artista Rodin, una donna che è stata rinchiusa in manicomio, come si faceva allora, perché era stata respinta e rifiutata dal suo amante. Lei aveva una personalità pazzesca, era claudicante e correva sempre. Sono storie appassionanti, quelle che spesso i giovani oggi non conoscono.

Maria Nocerino
Author: Maria Nocerino
Sociologa e giornalista professionista, è specializzata nel giornalismo sociale. Ha collaborato con l’agenzia di stampa Redattore Sociale e con il quotidiano Roma per le pagine della Cronaca. Collabora con la rivista Comunicare Il Sociale.

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