Lunedì, 23 Dicembre 2024

È una figata pazzesca a teatro, Giacomo Alvino: «Raf è un po’ il mio avatar»

Dopo la disgrazia che gli ha portato via per sempre due persone importanti della sua vita, alcol e droga sono gli unici amici di Raf, protagonista di “È una figata pazzesca”. Scritto, diretto e prodotto da Giacomo Alvino, lo spettacolo sarà in scena, con Leonardo Di Costanzo, sabato 23 e domenica 24 marzo 2024 alle 21 al Theatr'On di Napoli.

Giacomo Alvino, un monologo che racconta la storia travagliata di Raf, un personaggio la cui vita è segnata da un lutto e un tradimento

Questi sono solo gli aspetti salienti, più evidenti della prima parte della storia. Sono la causa scatenante di una serie di eventi dentro e fuori Raf. Ma la vita delle persone e la loro interiorità è molto più complessa dei singoli grandi eventi che spiccano sulle loro vite. Nello spettacolo vivremo insieme un pezzetto di storia del protagonista estremamente doloroso. Dovrà elaborare un lutto e un senso di colpa lacerante causati da un incendio. A dargli una mano saranno soprattutto il pubblico e un incontro romantico.

Un enorme senso di colpa che lo soffoca, non lo fa vivere

Il significato del senso di colpa di Raf è un po’ il nostro. Mi spiego: tutti noi vorremmo “cambiare le cose”, evitare la sofferenza a chi amiamo e non farle andar via. Tutto ciò non è possibile per il più delle volte e Raf si è scontrato con questa realtà.

Per lei che cosa rappresenta Raf?

In questo momento storico della mia vita, Raf è una sorta di avatar per me. Non sono cinico e non sono arrabbiato con la vita come lui, sono un po’ dispiaciuto, il che è diverso, a mio parere. Amo di Raf la sua leggerezza consapevole. Solo che lui ha 24 anni ed io ne ho 51: mi devo preoccupare?

Lutto, tradimenti, sensi di colpa: dei temi impegnativi. A quale tipo di pubblico è rivolto lo spettacolo?

Ad un pubblico coraggioso, che non ha paura di mettersi in gioco, che è disposto a farsi toccare l’anima non rinunciando ad un sorriso.

Come è riuscito a gestire la regia e la produzione, nonostante i limiti fisici?

Per onestà, dovrei rispondere domenica sera quando sarà finito lo spettacolo. Ma il segreto è la voglia di creare, di accogliere emozioni forti, di mettersi sempre alla prova ed essere un po’ incoerenti. Poi le barriere si azzerano quasi del tutto quando lavori con persone come Leo che non si è fatto minimamente spaventare dalle difficoltà. In questo è stato unico.

Del resto, questa non è la sua prima esperienza teatrale 

È seconda, ma la prima che affronto da solo. Lo spettacolo precedente, Nidobianco2.0, era basato su un mio testo ma, essendo la prima volta che portavo in scena uno spettacolo, ho avuto bisogno dell'aiuto di persone più esperte di me. In particolare, ho fatto la co-regia con Michele Cesari, professionista di teatro, cinema e tv già da molti anni, mio caro amico con cui continuo a confrontarmi sui miei dubbi e le mie perplessità.

Che tipo di spettacolo era?

Era una pièce molto più complessa, con quattro attori e vari cambi di scena. Potremmo definirla una storia di formazione perché accompagna il protagonista, Fabio, lungo la parabola che un po' tutti noi viviamo della sofferta evoluzione della persona, dalle fissazioni che ci vengono inculcate sin da piccoli, passando per le delusioni della prima età adulta fino al punto in cui Fabio fa chiarezza con se stesso e con le persone intorno a lui, ritornando simbolicamente a nascere. 

Non solo il teatro: la moda è un’altra sua grande passione  

Sin da piccolo ho sempre sentito forte il bisogno di superare le mie difficoltà esprimendomi attraverso l'arte e in questo senso la mia grande passione è sempre stata la moda. Finito il percorso scolastico ho studiato design di moda e sono stato introdotto nel mondo dell'alta moda il che mi ha portato a collaborare molti anni con la maison Gattinoni con cui ho partecipato a molte stagioni, ho poi realizzato anche delle mie performance all'interno delle rassegne di alta moda di Roma. Purtroppo con i miei problemi è tecnicamente difficile portare avanti una carriera in quel mondo, o quanto meno ci vorrebbero tanti soldi. Rendermi conto di questo mi buttò molto giù.

E come è riuscito a superare questo periodo? 

Anche sotto la spinta di Tullio Pironti, il grandissimo editore napoletano da poco scomparso, mi lanciai nel grande progetto di raccontare la mia storia in un libro. E così nacque “Vivo, creo, sogno!”.  È stata l'occasione per rimettermi in gioco e per accorgermi che, nonostante il dispiacere per aver dovuto abbandonare la strada della moda, esisteva un mondo fatto di incontri, circoli letterari, studenti e più in generale persone curiose di conoscere la mia storia. 

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Donatella Alonzi
Author: Donatella Alonzi
Giornalista professionista e videomaker. Animalista convinta, mamma di Lucia e di Bella, la sua buffa cagnolina.

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