Lunedì, 23 Dicembre 2024

Torrone dei morti, perché quello della Fabbrica di Cioccolato di Napoli è speciale

Una storia d’amore per il cioccolato. E per Napoli. Tutto ha inizio a fine ‘800 quando Isidoro Odin, giovane piemontese di Alba, decide di trasferirsi a Napoli per realizzare un sogno: aprire un’attività tutta sua imparando dallo zio Francesco che sotto i portici di Piazza del Plebiscito aveva una piccola cioccolateria.

Il cioccolato lo strega, apre un piccolo laboratorio artigianale e sposa la piemontese Onorina Gay, figlia di un cioccolataio, dalla cui unione, nel 1894, nasce il marchio Gay-Odin.

È proprio in questi anni che Odin perfeziona le tecniche di lavorazione del cioccolato tostato lentamente a legna, a basse temperature, per mantenere inalterate le proprietà organolettiche del cacao. La svolta arriva nel 1922 quando in via Vetriera, nell’elegante quartiere Chiaia, Isidoro e Onorina inaugurano la Fabbrica di Cioccolato Gay-Odin, il marchio che oggi conta 8 sedi nella città di Napoli, una a Roma e un’altra ancora a Milano. 

LA SPECIALITÀ DEGLI ARTIGIANI NAPOLETANI: IL TORRONE

Una specialità della eccellenza napoletana del cioccolato non poteva che essere, in questo periodo, il torrone dei morti, prodotto stagionale riattualizzato dalla Gay-Odin in diverse varianti: dal semi-tenero al cioccolato a quello al gusto caffè, dal torrone alla castagna realizzato con “rottami” di marroni a quello gusto cassata impreziosito con scorzette di arancia candita e ancora il classico nocciolato preferito dai piccoli e quello cioccolato fondente e pistacchi.

Ma qual è il segreto del successo del torrone di questi artigiani del cioccolato?

Ce lo svela Massimo Schisa, membro del CDA della azienda a dimensione familiare nonché artigiano del gelato. “Il segreto consiste nel fatto che i nostri artigiani seguono il processo produttivo dalla A alla Z, perché la nostra realtà ha una dimensione tale, né troppo piccola ma neanche troppo grande, che ancora consente a ognuno di noi di seguire tutte le fasi, dall’utilizzo delle materie prime, come le fave di cioccolato che importiamo dal Centro America, alla torrefazione e agli altri step di lavorazione”. 

Un altro elemento imprescindibile è che le tecniche di produzione sono quelle tramandate di generazione in generazione: “Contiamo su circa 60 persone, tra artigiani altamente specializzati, e addetti alla vendita, ma lavoriamo tutti nel rispetto delle tradizioni ereditate da Isidoro oltre un secolo fa”, sottolinea Schisa, che fa parte anche lui dello staff operativo.

SOLO A NAPOLI IL TORRONE È TIPICO DELLE FESTIVITÀ DEI MORTI 

Una curiosità che riguarda il torrone napoletano è che solo da noi questa tradizione coincide con le festività dei Morti, mentre nelle altre regioni è una specialità legata al Natale: “Si tratta di una tradizione radicata nella nostra cultura che si perde nella notte dei tempi. Forse la spiegazione – dice Schisa – potrebbe stare nel rapporto particolare che a Napoli abbiamo con la morte, qualcosa da esorcizzare e sdrammatizzare ma anche qualcosa con cui prendere confidenza, perché concepita come evento inevitabile della vita con cui familiarizzare”. 

“Produciamo ancora il torrone nella tradizionale forma a lingotto – prosegue – anche se poi le persone lo compreranno a fette”. La vera specialità è il semi-tenero al cioccolato (in varie forme e con diverse aggiunte e decorazioni) ma le altre due varianti che vanno per la maggiore ad Ognissanti sono il classico torrone bianco, fatto con mandorle bianche, pistacchi e miele, e avvolto nell’ostia; e il cosiddetto torrone ferro, ovvero quello su base di mandorle tostate, caramellato e decorato.

I torroni Gay-Odin possono essere acquistati nei punti vendita di Napoli (Via Vetriera, 12), Roma e Milano oppure ordinati tramite sito

https://gay-odin.it/torroni.html 

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UNA IMPRESA ANTICA MA A PASSO COI TEMPI

Da due anni, Gay-Odin, nella sua sede storica a Chiaia, dove si trovano anche i laboratori, ha installato pannelli fotovoltaici. “Una impresa antica ma che cerca di stare al passo coi tempi e avere il più possibile un basso impatto ambientale – racconta il consigliere Massimo Schisa – Basti pensare che già da otto anni ci siamo dotati di un sistema di raffreddamento dell’acqua, necessario per alcune fasi della lavorazione, che si basa su cicli di riciclo, vale a dire che l’acqua non viene mai sprecata ma riutilizzata. Questo ci permette un grosso risparmio energetico”.

“Ora siamo in una fase di restyling del brand – conclude Schisa – Perché, grazie a Isidoro che aveva una grande fantasia, abbiamo un marchio con sei diverse declinazioni. Ora stiamo cercando di fare una sintesi il più rappresentativa possibile, sempre nel tentativo di valorizzare i temi più antichi riattualizzandoli”.

Maria Nocerino
Author: Maria Nocerino
Sociologa e giornalista professionista, è specializzata nel giornalismo sociale. Ha collaborato con l’agenzia di stampa Redattore Sociale e con il quotidiano Roma per le pagine della Cronaca. Collabora con la rivista Comunicare Il Sociale.

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