Domenica, 22 Dicembre 2024

La Venere degli Stracci

E quella Venere degli stracci era proprio lei, la città.

La Sirena Partenope meravigliosa, ma avvolta da sempre in una coltre spessa di rifiuti, stracci, degrado…

Stamattina Napoli si è svegliata col fuoco, la Venere simbolo ha preso fuoco. Atto vandalico? Di chi? E soprattutto perché…?

Il simbolo ritorna a caricarsi di significati.

La Venere degli stracci di Michelangelo Pistoletto che si ispirava alla Venere con mela dello scultore Bertel Thorvaldsen e che svettava nel mezzo della Piazza Municipio assolata e invasa dal cemento, rappresentava così bene il doppio volto della città, quello stare in bilico tra orrore e bellezza. Raccontava la meraviglia di tutte le città del Sud del mondo, impossibili da catalogare o da chiudere in un cassetto, dove non funziona nulla perché non sono nate per funzionare, ma per svegliare dal sonno la coscienza umana, nate per stupire con la loro musica inquietante il cuore umano e trasportarlo nell’autenticità oltre l’iconografia, lì dove tutto è terremoto perenne, magma, disordine. Imprevisto.

Sono fatti così certi luoghi, certe Veneri oscure, avvolte negli stracci, simili a quelle donne bellissime che ti sconvolgono pur non avendo nulla di canonico e che proprio per questo restano imperiture nel ricordo.

Sporche come sanno esserlo certi vicoli, tra l’odore dell’immondizia e la meraviglia di uno squarcio di cielo azzurro.

Reale bellezza quella che non puoi contenere né chiudere in uno schema e che riesce a riassumere il senso profondo della luce e dell’ombra in un unico singulto.

Se sei in quella bellezza di stracci sei vivo, sei eterno, ci sei davvero.

Perché non vivi più nell’odio, nella separazione, nella negazione dell’ombra direbbe Jung.

Tra le Veneri degli stracci l’immenso si disegna sincopato in una macchia sporca, un panno colorato informe e stracciato che scompone e sconcerta, ma che ricompone la traccia dell’anima che non ha niente di ordinario.

E non è solo Napoli, ma è la storia di tutte le cose dimenticate e messe sotto al tappeto, le città scomode, la civiltà scomoda, le anime scomode, i reietti, i diversi, i poveri, gli emarginati, quelli che non trovano spazio, gli avvolti nel male oscuro, i folli… Eppure quelli che portano avanti la Storia, le pecore nere, il tassello che non puoi mettere in nessun posto, ma che riscrive la trama.

È la storia delle città del Sud di ogni dove, la narrazione di ciò che giace sotto la finta coltre perfetta della nostra società tecnologica. L’urlo dell’anima che chiede voce e spazio.

Al di là dell’atto vandalico da condannare mi piace leggere l’accadimento in chiave simbolica come simbolo era quella Venere.

Mi piace vederla come un Mandala, quei mandala pieni di colori, che i monaci tibetani disegnano sulla sabbia e che lasciano scompigliare e distruggere al vento per simboleggiare l’impermanenza delle cose.

Le forme cambiano ma il messaggio resta.

Le forme, come quegli stracci colorati nel vento, a volte prendono fuoco, soprattutto se sono simbolo di una diversità che spaventa, come un tempo nelle pubbliche piazze venivano accesi roghi con cui si bruciavano altre Veneri eretiche.

Quei roghi hanno eternato il messaggio, il grido della diversità ferita e bruciata ha attraversato i secoli.

C’è chi ha raccolto il grido e con quegli stracci se n’è vestito.

C’è chi ha raccolto la voce e ha conosciuto il coraggio dell’eresia.

Ecco, io mi auguro che oltre il fuoco dell’atto vandalico resti il simbolo della Venere di stracci ancora più forte.

Quello straccio colorato, come gli spicchi di un Mandala al vento, resti nei cuori di chi ha raccolto il messaggio, di chi ha vestito uno scampolo, di chi sa cosa vuol dire orrore e bellezza, di chi sa andare oltre il luogo comune.

In questa società divisa dove sembra diventato così difficile sostenere la visione di ciò che non piace, di ciò che turba, e si è persa la capacità di rispettare il pensiero diverso dal nostro, dove ogni alterità è minacciosa e va bruciata o messa al rogo con violenza, mi auguro che quel fuoco bruci come la fiamma dell’Araba Fenice che dalle sue ceneri rinasce.

Che possa diventare il simbolo di una città che rialza il capo e che anche in questo caso come in tanti altri, riesca a sostenere la visione degli opposti con l’atto conciliatorio dell’Amore.

Città Venere che da sempre sa stare al di là della barricata, nel territorio dell’Oltre, dove ogni parola è inutile e dove la bellezza, quella vera, fatta di contrasti, di pianto e risate, di scompiglio e di eterno, lascia senza parole, in un acuto di stupore.

Nel respiro vitale e contraddittorio di ciò che c’è e rende vivi.

La Venere degli Stracci 1

 

La Venere degli Stracci 2

Chiara Tortorelli
Author: Chiara Tortorelli
Creativa pubblicitaria, editor e scrittrice, vive a Napoli dove inventa nuovi cultural life style: come presentare libri in maniera creativa e divergente, come scrivere i libri che ti piacciono davvero, come migliorare la creatività e il benessere personale con metodologie a metà strada tra stregoneria e pensiero laterale. Il suo ultimo libro è “Noi due punto zero” (Homo Scrivens 2018). Cura per Napoliclick la rubrica “La Coccinella del cuore”.

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