Mercoledì, 15 Gennaio 2025

Liberate Abdallah

Il suo ultimo documentario denuncia la condizione dei detenuti morti nelle carceri israeliane: messi in delle celle frigo, senza nemmeno la dignità di un funerale o della restituzione del corpo alla famiglia.

Abdallah Motan lo voleva portare in giro per il mondo, e nel frattempo è stato arrestato, nel pomeriggio di lunedì 13 gennaio 2025, al confine tra Israele e la Giordania, dall’esercito israeliano, accusato chissà di cosa. Non sappiamo al momento dove sia ma poche cose, certe, le conosciamo.

La prima è che Abdallah, nato a Ramallah nel 1994, è un video maker, un documentarista e un regista. Non è un criminale. Quindi sarà stato accusato, come altre 30mila persone innocenti, di qualche reato amministrativo e sbattuto in galera con un pretesto, mentre cercava di raggiungere lo Yemen passando prima per la Giordania e poi per Dubai, per andare a fare alcune riprese. Per lavoro, insomma.

Pochi giorni fa mi aveva scritto, anzi mandato un vocale, un po’ in italiano un po’ in napoletano: voleva il mio parere su alcune questioni sue, riflessioni che, dalla Palestina, faceva ricordando i nostri incontri a Napoli, quando io ero il suo “capo” e lui uno stagista.

Tutte le persone che lo hanno conosciuto, qui a Napoli, dove Abdallah Motan ha vissuto per un anno e mezzo, fino a quando la pandemia non l’ha rispedito indietro, sanno che l’unica colpa che può avere un giovane fotografo e regista come lui, è quella di voler girare il mondo per inseguire i suoi sogni. E così ha fatto: da Napoli al Sud America, alla penisola arabica, fino a tornare nella sua Palestina, costantemente in ansia per la sua gente, a Ramallah. A Napoliclick disse che, dopo l’attacco  di Hamas ad Israele, il 7 ottobre del 2023, era cambiata la sua visione della realtà: “Ho sentito cosa vuol dire essere parte della Storia. Il concetto di Nakba – ovvero la “catastrofe”, la giornata da noi celebrata il 15 maggio e attraverso cui il popolo palestinese mantiene vivo il ricordo dell’allontanamento dalle proprie abitazioni di centinaia di migliaia di persone e la mancata fondazione di uno Stato autonomo nel 1948 – mi è diventato improvvisamente chiaro, ha acquistato consistenza. Ha acquistato consistenza fin dalle piccole cose: nella mia terra, ad esempio, i coloni israeliani ci impediscono di raccogliere le olive in questa stagione. Per noi la raccolta delle olive in autunno è una questione di identità, è una grande festa che coinvolge tutti, vecchi e bambini, interi villaggi e grandi città. Sembra una piccola cosa, invece ha un grandissimo significato”. E poi concluse, dicendo che stava progettando di tornare a Napoli per completare il suo stage. “C’è qualcosa di vero e importante che ho imparato su me stesso: io sono come uno degli ulivi di questa terra. Le mie radici sono ben piantate in terra palestinese ma fra i miei rami i sogni volano e cinguettano come uccelli. Tutto dipende da altro da me. Dal tempo e dagli eventi” (l’intervista era di Chiara Reale).

Ora il tempo e gli eventi hanno portato Abdallah lontanissimo non solo da noi, ma dalla sua famiglia, dagli affetti più cari.

Abbiamo saputo che si trova ora nella Ofer Prison di Ramallah, non conosciiamo con quale accusa. Andrà a processo martedì prossimo.

Non abbiamo diritto di chiedere niente, perché Abdallah non è italiano. Ma chiediamo lo stesso di sapere perché è detenuto e che venga immediatamente scarcerato.

Chi è Abdallah Motan

Nato a  Burqa, vicino Ramallah nel novembre del 1994, è fotografo, documentarista e regista.

Il suo nuovo cortometraggio è intitolato “Deferred Reclaim”. Lo scorso dicembre ha vinto 3 premi all’Iran International Documentary Festival, Cinema Verite: https://irandocfest.ir/en/News/352/_The_Award_Winners_of_the_18th_Cinema_Verite_Film_Festival_

Al Ard Film Festival che si svolge in Sardegna sta provvedendo alla sottotitolatura del suo lavoro in italiano per una distribuzione nei festival in Italia di “Deferred Reclaim”.

Abdallah stava immaginando un nuovo lavoro, questa volta ambientato nella sua terra. Aveva iniziato le riprese e stava partecipando ad alcune “residenze” artistiche per completare il progetto.

Al momento dell’arresto stava andando in Yemen, passando per la Giordania e Dubai, per effettuare due mesi di riprese sull’isola Socotra. Queste riprese documentaristiche sarebbero state connesse a quelle che  aveva fatto in Sudamerica e in Tanzania e che ricercava le origini dell’umanità e la profonda connessione tra l'uomo e la terra. "Mi ha detto che Socotra è un’isola dove ci sono le origini dell’uomo e la flora e la fauna non sono state contaminate", ricorda l'amico e collega Raffaele Rossi (cui dobbiamo le ultime notizie sul lavoro di Abdallah).

Dopo lo Yemen, sarebbe tornato in Italia verso Pasqua, dove stava pensando di trasferirsi e iniziare a studiare, magari per un master in Cinema a Napoli.

In Yemen si stava recando con una collega non palestinese: anche di lei non si hanno notizie.

Ida Palisi
Author: Ida Palisi
Giornalista professionista, esperta di comunicazione sociale, dirige l’Ufficio Comunicazione Gesco. Collabora con il Corriere del Mezzogiorno per le pagine della Cultura.

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