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Napoliclick è un portale quotidiano di informazione sociale e culturale pubblicato dalla cooperativa Nclick.
La principessa rimasta nel cuore degli inglesi, ma soprattutto la donna carismatica, capace di valicare ogni confine e dedicarsi con coraggio agli altri, dando voce ai dimenticati e sposando cause come la campagna contro le mine anti-uomo.
Tutto questo e molto altro è stata Diana Spencer, per tutti Lady D, scomparsa il 31 agosto 1997, esattamente 26 anni fa, a causa di un incidente automobilistico a Parigi. In occasione dell’anniversario della morte, arriva in libreria “Diana Spencer. Morte, mito e misteri” (Alessandro Polidoro editore, anno 2023, pagine 392, euro 20) della giornalista Annalisa Angelone.
Il libro sarà presentato a Napoli, presso la libreria Feltrinelli di piazza dei Martiri, il prossimo 7 settembre 2023: con l’autrice, ci saranno la scrittrice e giornalista del Corriere del Mezzogiorno Vincenza Alfano e il caporedattore del TgR Campania Oreste Lo Pomo.
Tanto è stato scritto in questi anni su Lady D. Quale è la luce nuova che lei intende gettare?
Gettare luce sulla morte di Lady D non ha certo perso di attualità, ci sono ancora non pochi aspetti da chiarire. Io sono partita proprio dalle ombre che ancora avvolgono questa vicenda, ho studiato i documenti in lingua originale dell’inchiesta inglese e approfondito il lavoro svolto in questi 26 anni dai giornalisti investigativi che si sono occupati del caso. Ho notato come da noi fosse predominante la narrazione della principessa triste, un racconto molto personale di Diana, che veniva chiamata anche “la fata umanitaria”. Lady D in realtà ha sposato campagne sociali a favore di rifiutati e disabili, correndo rischi molo seri nella campagna contro le mine anti-uomo. Campagna che, peraltro, l’ha resa invisa a tanti, per cui si è messa anche contro i potenti. Lei ne aveva chiesto la messa a bando internazionale. Oggi ci ritroviamo con l’Ucraina, che sta diventano il campo minato più grande al mondo: ecco una lezione di Diana.
Quale è stata la sua più grande lezione, secondo lei?
Diana sapeva entrare nella vita e nel cuore delle persone, si metteva in connessione con la gente con assoluta semplicità, senza sforzi; il suo era un carisma naturale. Grazie alla dedizione agli altri ma anche alle sue grandi abilità di comunicatrice, Diana ha cambiato la percezione dell’opinione pubblica ad esempio sull’Aids, entrando in ospedale e dando la mano a un uomo malato senza guanti. Quando andava su campi solo parzialmente sminati in Angola, rischiando la vita, riusciva a sensibilizzare il popolo rispetto a un tema enorme come le mine anti-uomo. Diana, spesso rappresentata come debole, è stata sempre capace di rialzarsi, con coraggio, fiducia e grandissima dignità. Questo è stato l’insegnamento che ha poi trasmesso anche ai figli.
Uno stile personale che si rispecchiava anche nei suoi outfit.
Io ho anche provato a ricalcare le tracce del suo successo mediatico: Diana amava raccontarsi con i vestiti, una giovane donna indipendente, che non rinunciava alla sua libertà di espressione a dispetto dell’etichetta reale. Come dimenticare il suo maglione con la pecora nera? Lei ha fatto tanto per l’immaginario femminile. Pensiamo a quando ha indossato “l’abito della vendetta”, contro tutte le regole reali: un tubino sopra al ginocchio che la faceva apparire al mondo uno schianto, proprio mentre Carlo confessava di averla tradita con Camilla. Una mossa che piacque molto ai tabloid inglesi, erano tutti dalla sua parte. In lei vivevano tante storie, questa forse era la ragione del suo fascino: dalla donna capace di mostrarsi forte ai media a quella della rinascita spirituale sulla scorta degli insegnamenti di Madre Teresa.
La cosa che non tutti sanno sul conto di Diana?
Non tutti sanno, ad esempio qui in Italia, che Diana stava mettendo a punto un dossier sulle mine anti-uomo prima di morire. Secondo fonti internazionali molto accreditate, pare si parlasse di personaggi molto importanti. Dopo la sua scomparsa, non è stato trovato nulla. Molte sono le cose che non tornano sulla sua morte ma non solo, alcune più clamorose, altre meno. Oltre alle diverse versioni della polizia sulla dinamica dell’incidente, resta da capire perché alcune lettere di Lady D siano ad oggi secretate. Un’altra curiosità: nel giugno ‘97, anche Camilla aveva avuto un incidente in auto ma scappò via perché credeva di essere vittima di un attentato; dopo l’accaduto il principe rafforzò la sicurezza di quella che era ormai la sua compagna. Non sapremo mai se questa fu una coincidenza, come non sapremo mai se, quando morì, Diana era ancora innamorata di Carlo.
Il libro
Diana Spencer. Morte, mito e misteri è una disamina lucida sull’ultima estate di Lady Diana e sulle contraddizioni emerse dalle inchieste riguardanti la sua morte, la notte tra il 30 e il 31 agosto del 1997. Per la prima volta in Italia, Angelone mette a confronto la verità ufficiale e quella giornalistica, conducendo un’acuta analisi, sostenuta dal vaglio di centinaia di fonti e da anni di studio, che tiene incollati dalla prima all’ultima pagina. All’apice della popolarità e del carisma Diana è più scomoda che mai nella sua ultima estate: la relazione con Dodi Fayed fa rabbrividire l’Establishment, l’arcivescovo di Canterbury sostiene che non incoronerebbe un re divorziato e risposato e i potenti del mondo temono la sua battaglia contro le mine, specialmente da quando è riuscita ad avere l’appoggio del presidente Clinton. Diana, l’ultima sirena del ’900, ha ritrovato la voce, lo spartito e il canto e ha deciso che non la fermeranno: “I will name the names”, annuncia. “Farò i nomi”: di chi produce le mine, di chi le vende. E all’orizzonte si delineano già le sue prossime battaglie, tra i campi profughi. Ma il dossier sulle mine a cui stava lavorando è sparito con lei il 31 agosto 1997. La verità ufficiale sull’incidente in cui morì Diana Spencer prende forma in due inchieste e un processo. Poi c’è un’altra verità, quella dissidente delle inchieste giornalistiche. In Italia non c’è ancora un testo che confronti queste due verità e il libro della Angelone tenta di riempire questo vuoto, evidenziando, al di fuori di ogni complottismo, i buchi neri, le omissioni e le anomalie che accompagnano la ricostruzione della notte dell’Alma. La morte tragica di Lady D ha consegnato al mito l’eroina di una narrazione collettiva su cui milioni di persone hanno proiettato sogni e solitudini, suggellando la grande storia d’amore tra la principessa ribelle e il suo popolo globale. Una storia che non si è mai interrotta perché, direbbe Domenico Starnone, i fantasmi fanno il nido nel futuro.
Annalisa Angelone
Annalisa Angelone nata a Ponte (nel Sannio, terra di streghe), è giornalista Rai dal 1995, si è laureata in Lingue e letterature moderne straniere all’Orientale di Napoli. È inviata del TGR Campania e ha lavorato anche all’estero. Il suo primo libro, Rossa lava di fuoco, ha vinto il premio «Napoli in pagina» ed «Emily Dickinson».
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