Il conto alla rovescia è iniziato. A luglio oltre la metà dei percettori del Reddito di Cittadinanza dichiarati occupabili non percepirà più l’assegno. Per gli altri la scadenza è rimandata solo di qualche mese a gennaio 2024. Faccio fatica a immaginare gli effetti della scriteriata decisione del governo Meloni in un territorio come il nostro, dove si concentra il 20% dei beneficiari a livello nazionale. Di una cosa però sono certo: ci sarà un incremento dell’insicurezza sociale. Il taglio di questa misura coinvolgerà perciò tutti, anche quelli che non lo hanno mai percepito, perché ci costringerà a vivere in una città ancora più incattivita.
Editoriale
Tutto quello che si dice, si scrive ed eventualmente si fa a giugno inoltrato non cambia il fatto che per la stragrande maggioranza dei napoletani che non possono o non vogliono pagare anche quest’estate sarà un’estate da mare negato. Credo che la sfiducia nella politica e nelle istituzioni, sempre più evidente a ogni tornata elettorale, dipenda proprio dal fatto che i cittadini percepiscono l’una e le altre come incapaci di produrre dei cambiamenti nella loro vita quotidiana, migliorandola.
In un Sud che Confcommercio fotografa fermo e con meno occupati di 30 anni fa, con un divario rispetto al nord che cresce, nella metropoli che il rapporto sulle dichiarazioni dei redditi pubblicato dal ministero dell’Economia e Finanza attesta come la più povera d’Italia, qualsiasi discorso che si distacchi dall’apologia trionfalistica del boom turistico a Napoli è bollato come impopolare e velleitario.
La Campania fa parte delle 50 regioni europee più povere. Naturalmente, in buona compagnia di altre regioni meridionali come Puglia, Calabria e Sicilia, come è tipico di questo tipo di classifiche. Oltre venti anni di fondi europei per la coesione non solo non ci hanno permesso di recuperare posizioni, ma ne abbiamo perse 36 perché allora eravamo al 165esimo posto.
Fa ovviamente piacere, ma una certa impressione, trovare Napoli al primo posto delle grandi città italiane nella classifica dell’Indice di vivibilità climatica. Prima fra le grandi città e 17esima fra i capoluoghi italiani. Almeno nel 2022 c’era chi stava peggio, in un paese che comunque non brilla per cura del territorio e nel quale si moltiplicano ovunque i fenomeni climatici estremi, fino alle conseguenze tragiche dell’alluvione di Casamicciola a Ischia o di quella recente in Romagna.